Francesco Verra, un ricercatore universitario di ventinove anni, viene assassinato all'interno dell'università di Gubbio. Il medico legale spiega ai Carabinieri che Verra è morto per sfondamento del cranio, e che probabilmente l'arma del delitto è una catena. Il maresciallo Cecchini fa sequestrare tutte le catene dei motorini parcheggiati vicino alla facoltà. Una anziana vedova chiede a don Matteo di informarsi su come effettuare una donazione per la ricerca universitaria, e il prete va in facoltà e parla con il professor Mandini, che vuole subito sapere l'importo preciso della donazione. Don Matteo vorrebbe tornare a casa, ma una ruota della sua bici si è bucata, e Riccardo Di Salvo, un altro ricercatore universitario, si offre di accompagnarlo con il motorino. Prima di andare, Riccardo saluta Roberta, la sua fidanzata, una studentessa di medicina a cui mancano pochi esami alla laurea. Riccardo Di Salvo e don Matteo percorrono in motorino il tratto tra la facoltà e la canonica, anche se è proibito andare in due in motorino senza casco. Prima di arrivare, una pattuglia dei Carabinieri li ferma e Di Salvo viene arrestato. Ovviamente il motivo dell'arresto non è quella piccola infrazione: il maresciallo Cecchini rivela a don Matteo che sulla catena del motorino di Riccardo sono state trovate tracce di sangue dello stesso gruppo di Verra. Oltre a questa prova indiziaria, c'è anche il movente: la vittima si era impadronita di una ricerca di Di Salvo spacciandola per sua, e tra breve avrebbe ottenuto la promozione a professore associato. Riccardo si dichiara completamente estraneo all'omicidio, e don Matteo gli promette di aiutarlo a dimostrare la sua innocenza. Roberta sa che alla facoltà di medicina il professor Mandini e il suo assistente Fanti gestiscono un traffico illecito di compravendite di esami, e che Verra ne era al corrente.